“San Giuseppe Lavoratore” - Gruppo sinodale Associazioni di matrice cattolica
“San Giuseppe Lavoratore”
Gruppo sinodale Associazioni di matrice cattolica
Siamo il Gruppo sinodale costituito spontaneamente da alcune Associazioni di matrice cattolica, che desideravano vivere questa esperienza insieme: ACLI, AC,CDO, CISL, MLAC, MCL, UCID, tutte facenti parte della Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Bologna.
Per info, partecipazione, richiesta schede utilizzate negli incontri del gruppo scrivere a: sangiuseppelavoratore.chiesa.bo@gmail.com
Il percorso del gruppo
Il Gruppo si è riunito , sino ad oggi, dodici volte. Si è interrogato su:
- dignità delle persone al lavoro - 22 gennaio 2022
- dialogo intergenerazionale - 12 marzo 2022
- emergenza educativa - 28 maggio 2022
- ecologia integrale - 24 settembre 2022
- come possiamo incidere, come cattolici, sulla comunità civile?/come inserire nelle opere di un movimento le testimonianze della fede? - 26 novembre 2022 - 4 febbraio 2023 - 17 marzo 2023 - 21 ottobre 2023 - 11 novembre 2023- 20 gennaio 2024 - 2 marzo - 6 aprile
Dalle sintesi dei vari incontri si evince che il discernimento è stato onesto, non ci si è nascoste le difficoltà, eppure non sono mai mancate le testimonianze di buone pratiche vissute via via, in ambito associativo, lavorativo, parrocchiale, familiare. E fu subito cantiere! si potrebbe anche dire. Un altro aspetto molto importante, veramente essenziale del Gruppo è relativo alla modalità del confronto, la cosiddetta conversazione spirituale. Se ci si impegna in una conversazione spirituale, come è avvenuto al nostro Gruppo, si realizza un vero dialogo, dove l’ascolto è lo strumento principe per comprendersi e arricchirsi delle parole dell’altro.
Qui è possibile una sempre nuova conversione. Ci si deve prendere cura di questo modo di stare insieme. Numerose sono le storie che ascoltiamo quotidianamente e che sempre ci interpellano. Può capitare durante gli incontri diocesani o della vita pubblica della città. Può capitare ogni giorno al lavoro. Sono le storie delle imprese che praticano il bene comune così come dice DSC senza averne alcuna consapevolezza. Sono le storie delle donne giovani alla faticosa ricerca di equilibrio tra la vita lavorativa e familiare. Sono le storie di giovani e meno giovani che possiamo aiutare con la formazione tutti insieme nella nostra comunità lavorativa. Sono spesso storie di grande riscatto degli “ultimi”, altre volte riposizionamenti più lenti e faticosi dei “penultimi”. Su tutte aleggia la DSC e tanto di quel che i Papi degli ultimi due secoli hanno detto in difesa della dignità umana.
da Pacem in terris
“ In attitudine di responsabilità
- La dignità di persona, propria di ogni essere umano, esige che esso operi consapevolmente e liberamente. Per cui nei rapporti della convivenza, i diritti vanno esercitati, i doveri vanno compiuti, le mille forme di collaborazione vanno attuate specialmente in virtù di decisioni personali; prese cioè per convinzione, di propria iniziativa, in attitudine di responsabilità, e non in forza di coercizioni o pressioni provenienti soprattutto dall’esterno. Una convivenza fondata soltanto su rapporti di forza non è umana. In essa infatti è inevitabile che le persone siano coartate o compresse, invece di essere facilitate e stimolate a sviluppare e perfezionare se stesse.
Solidarietà operante
- I rapporti tra le comunità politiche vanno regolati nella verità e secondo giustizia; ma quei rapporti vanno pure vivificati all’operante solidarietà attraverso le mille forme di collaborazione economica, sociale, politica, culturale, sanitaria, sportiva: forme possibili e feconde nella presente epoca storica. In argomento occorre sempre considerare che la ragione d’essere dei poteri pubblici non è quella di chiudere e comprimere gli esseri umani nell’ambito delle rispettive comunità politiche; è invece quella di attuare il bene comune delle stesse comunità politiche; il quale bene comune però va concepito e promosso come una componente del bene comune dell’intera famiglia umana. Ciò importa non solo che le singole comunità politiche perseguano i propri interessi senza danneggiarsi le une le altre, ma che mettano pure in comune l’opera loro quando ciò sia indispensabile per il raggiungimento di obiettivi altrimenti non raggiungibili: nel qual caso però occorre usare ogni riguardo perché ciò che torna di utilità ad un gruppo di comunità politiche non sia di nocumento ad altre, ma abbia anche su esse riflessi positivi. Il bene comune universale inoltre esige che le comunità politiche favoriscano gli scambi, in ogni settore, fra i rispettivi cittadini e i rispettivi corpi intermedi.”
Abbiamo deciso di fare rete sul territorio a partire da noi, con il sindacato, con le aziende di buona volontà per scuotere al bisogno gli enti locali ingessati dalla burocrazia e promuovere un cambiamento culturale nel mondo del lavoro. Abbiamo deciso di condividere le nostre buone pratiche per provare a ricreare una cultura che aiuti innanzitutto i giovani a dare un senso al lavoro all'interno della loro vita, a vedere il lavoro come uno spazio di crescita e non una pausa dalla vita vera. Si tratta anche di aiutare i giovani, e i lavoratori in generale, a cercare dentro di sè quella creatività che troppo spesso ci si attende dal lavoro stesso. Il lavoro deve senza dubbio garantire il mantenimento economico delle persone, ma è molto di più, è trascendenza e quindi spiritualità. «Col sudore del tuo volto mangerai il pane»16. Queste parole si riferiscono alla fatica a volte pesante, che da allora accompagna il lavoro umano ..Questa fatica è un fatto universalmente conosciuto, perché universalmente sperimentato. ..Lo sanno gli uomini del lavoro manuale, svolto talora in condizioni eccezionalmente gravose. Lo sanno non solo gli agricoltori, che consumano lunghe giornate nel coltivare la terra, la quale a volte «produce pruni e spine»17, ma anche i minatori nelle miniere o nelle cave di pietra, i siderurgici accanto ai loro altiforni, gli uomini che lavorano nei cantieri edili e nel settore delle costruzioni in frequente pericolo di vita o di invalidità. Lo sanno, al tempo stesso, gli uomini legati al banco del lavoro intellettuale, lo sanno gli scienziati, lo sanno gli uomini sui quali grava la grande responsabilità di decisioni destinate ad avere vasta rilevanza sociale. Lo sanno i medici e gli infermieri, che vigilano giorno e notte accanto ai malati. Lo sanno le donne, che, talora senza adeguato riconoscimento da parte della società e degli stessi familiari, portano ogni giorno la fatica e la responsabilità della casa e dell'educazione dei figli. Lo sanno tutti gli uomini del lavoro e, poiché è vero che il lavoro è una vocazione universale, lo sanno tutti gli uomini. Eppure, con tutta questa fatica - e forse, in un certo senso, a causa di essa - il lavoro è un bene dell'uomo… Volendo meglio precisare il significato etico del lavoro, si deve avere davanti agli occhi prima di tutto questa verità. Il lavoro è un bene dell'uomo - è un bene della sua umanità -, perché mediante il lavoro l'uomo non solo trasforma la natura adattandola alle proprie necessità, ma anche realizza se stesso come uomo ed anzi, in un certo senso, «diventa più uomo». (Laborem exercens, Papa Wojtyla).
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